Le Emozioni come forme di comunicazione inconscia.
Le emozioni pervadono la nostra vita quotidiana, talvolta in modo mascherato e indiretto, talaltra in modo dirompente e disturbante. Hanno indubbiamente una grande influenza su tutti i processi psicologici che nel loro insieme costituiscono la nostra attività mentale, tanto che tutti noi riteniamo di sapere cosa siano, le classifichiamo con etichette verbali e le concepiamo come esperienze affettive.
Data la loro importanza si potrebbe pensare che l'emozioni siano state studiate in modo approfondito e sistematico dalla psicologia generale e dalla psicologia clinica, ma in realtà non è così (Plucthick, 1994).
I motivi che hanno reso difficile condurre uno studio scientifico delle emozioni sono molteplici e complessi, alcuni dei quali potrebbero riguardare l'ambiguità del loro linguaggio, altri la difficoltà nello strutturare ricerche eticamente accettabili in laboratorio; comunque la mancanza di teorie pienamente condivise rende difficile tracciarne un quadro unitario e sistematico.
Solo negli ultimi anni si è acceso un forte interesse per l'argomento con un concomitante incremento sia della ricerca che della teoria e questo non solo in ambito psicologico ma anche neurobiologico e psicoanalitico (Plucthick, 1994).
Tale interesse può essere collegato alla riscoperta del trauma relazionale come causa principale delle patologie gravi della personalità e della dissociazione come strategia di sopravvivenza ad esso legata.
In psicoanalisi, le emozioni (o affetti come spesso vengono chiamate nel contesto psicoanalitico) hanno da sempre occupato un ruolo centrale sia nella teoria che nella sua applicabilità clinica.
Già Freud e Breuer (1885) in Studi sull'Isteria osservarono che le pazienti isteriche si ammalavano perché dimenticavano attivamente o rimuovevano quei ricordi che avevano un forte contenuto emozionale. Secondo Freud il sintomo isterico altro non era che la rappresentazione mascherata di una intensa emozione rimossa e il paziente poteva eliminare tale sintomo attraverso il recupero e l'espressione di questa emozione, un processo che chiamò catarsi.
L'importanza delle emozioni per la psicoanalisi contemporanea viene ribadita dalle recenti acquisizioni sulla regolazione affettiva (Hill, 2015 e Schore, 2003) e sulla sintonizzazione affettiva (Stern, 1985) che hanno portato a riconsiderare un aspetto fondamentale delle emozioni: la loro capacità inconscia di comunicare all'altro i nostri stati interni.
Questa nuova prospettiva, che indubbiamente sta avendo un forte impatto sulla clinica dei disturbi psicopatologici, considera le emozioni come comunicazioni implicite in grado di suscitare determinati affetti nell'altro e in grado di portarlo ad agire, cioè a fare qualcosa rispetto a noi.
L'esempio più calzanti di questa dinamica è quello del bambino piccolo che esprime il proprio stato interno attraverso il pianto. La madre, sentendo il piccolo piangere, entra in allarme e adotta un comportamento in grado di placare le cause del pianto. In altre parole, lo stato emotivo del figlio influenza lo stato emotivo della madre che orienta la sua azione.
Al riguardo, Stern (1985) spiega che quando due individui si trovano in reciproca sintonia lo stato affettivo del primo promuove nel secondo uno stato analogo che può tradursi in un piano transmodale: se il piccolo canticchia sereno, ad esempio, la madre può seguire queste vocalizzazioni con il movimento del proprio corpo sottolineandone la cadenza, il ritmo e perpetuando così uno stato di benessere.
Analogamente, se all'inquietudine del figlio la madre reagisce con eccessiva ansia, entrando cioè in uno stato affettivo disregolato, il piccolo si spaventerà ulteriormente e apprenderà un modello di reazione ai propri stati emotivi basato sulla disorganizzazione e sull'iperattività motoria (Hill, 2015).
Bleichmar (1997) fa notare inoltre che il soggetto che percepisce i propri stati emotivi li decodifica inconsciamente come un'istruzione ad agire, stabilendo un collegamento tra emozione-significato-azione: “se l'affetto provoca dolore, si tratterà di allontanare il corpo o la mente da ciò che lo ha suscitato; se causa piacere, il soggetto tenterà di afferrarne, fisicamente o mentalmente, l'origine” (Bleichmar, 1997, p. 375).
Considerare le emozioni secondo questo paradigma apre la strada a nuove possibilità terapeutiche che necessitano però di alcune considerazioni sull'atteggiamento dello psicoterapeuta.
In primo luogo, dobbiamo considerare che le reazioni emotive del paziente precedono il contenuto semantico delle comunicazioni verbali del terapeuta e sono strettamente collegate allo stato affettivo di quest'ultimo. Prima ancora che il significato dell'interpretazione giunga a completarsi, il paziente reagisce allo stato emotivo del terapeuta, sintonizzando il suo stato interno fino a influenzare il significato finale del messaggio a lui rivolto.
In secondo luogo, occorre capire quale sia il modo che il paziente ha di reagire alle emozioni del terapeuta: in alcuni casi queste reazioni possono essere negate o dissociate, in altri casi possono essere amplificate come un diapason in stato di risonanza.
In questo senso, la psicoterapia non può dirsi soddisfacente se lo psicoterapeuta si disinteressa del modo in cui il suo messaggio viene colto emotivamente dal paziente.
Una psicoterapia efficace deve valorizzare la reciprocità e la partecipazione attiva del terapeuta nella narrazione del paziente. Il terapeuta dovrebbe incarnare quello che Ferenczi (1932) pionieristicamente definiva un “testimone benevolo” che grazie alla propria sensibilità è in grado di “sentire” le emozioni del paziente. Il terapeuta “rimettendo in circolo le emozioni del paziente grave, con un io frammentato, o come si dice oggi, dissociato e alessitimico, questo sentire consente di ricollegare le emozioni agli eventi passati, riparando quella mancanza di un testimone interno, cioè di un oggetto buono, che costituisce la vera rottura traumatica" (Bonomi, Piccini, 2018, pp. 144-145).
Bibliografia
Bleichmar, H. (1997). Psicoterapia Psicoanalitica. Astrolabio, Roma (2008).
Bonomi C., Piccini O. (2018). Editoriale. The Wise Baby / Il poppante saggio, 1 vol. 2. Arpa Edizioni, Brescia.
Ferenczi, S. (1932). Diario Clinico. Gennaio-Ottobre 1932. Raffello Cortina (1988).
Freud S., Breuer J. (1892-1985). Studi sull'isteria, in Opere, vol. 1, pp. 163-439. Bollati Boringhieri, Torino (1967).
Hill, D. (2015). Teoria della regolazione affettiva. Raffaello Cortina, Milano (2017).
Plutchick, R. (1994). Psicologia e biologia delle emozioni. Bollati Boringhieri, Torino (1995).
Schore, A.N. (2003). La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé. Astrolabio, Roma (2008).
Stern, D. N. (1985). Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri, Torino (1987).
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