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Superare la Perdita.


Psicologo Firenze

La vita delle persone è costellata di perdite: il partner che abbandona, l'amico che si allontana, il lavoro perso o la persona cara defunta. Il dolore che queste perdite provoca può portare alcuni individui a sviluppare una vera e propria ossessione per ciò che è perduto, per cui i pensieri e la vita emotiva ruotano incessantemente intorno ad esso, tanto che diventa impossibile legarsi ad un nuovo “oggetto” anche quando la realtà lo mette loro a disposizione.

La psicoanalisi, fin dai tempi di Lutto e melanconia (Freud, 1917) fino alle più recenti riflessioni sull'elaborazione del lutto (Bleichmar 1997, Kernberg, 2012) si è occupata delle condizioni psicologiche che si oppongono al superamento della perdita, individuando alcuni elementi chiave che voglio qui di seguito presentare in modo sintetico e che dovrebbero, a mio parere, costituire il punto focale della psicoterapia centrata sull'elaborazione del lutto.

Senso di colpa.

Il sentimento di colpa è il primo elemento che si contrappone al superamento della perdita di un oggetto (intendendo per oggetto sia una persona, un' attività o un aspetto della vita sul quale si è fatto nel tempo un certo investimento affettivo) e quindi alla possibilità di sviluppare un nuovo legame.

Questo può avere una base reale, cioè nascere da responsabilità oggettive, come ad esempio tradimenti e trascuratezza a livello relazionale, inadempienze e condotte scorrette a livello lavorativo, o avere una base nevrotica, cioè nascere e svilupparsi da fantasie e angosce persecutorie.

Una perdita dominata dai sensi di colpa porta a vivere qualsiasi avvicinamento ad un nuovo oggetto come se fosse un tradimento o una mancanza di lealtà nei confronti dell'oggetto perduto. In questo modo, la fedeltà nei confronti di ciò che si è perso diviene la rappresentazione, a livello conscio e inconscio, dell'amore che si è provato e che si continua a provare per l'oggetto perduto.

In un contesto del genere, la sofferenza che il soggetto sperimenta diviene una condizione stabile, in alcuni casi una punizione obbligatoria, per mantenere il contatto con l'oggetto perduto e potersi abbandonare a fantasie di riparazione.

Inoltre, il senso di colpa impedisce al soggetto di rassegnarsi per la perdita, blocca lo sviluppo di una vera e propria elaborazione del lutto e rappresenta una potente resistenza agli interventi psicoterapeutici.

Offesa narcisistica.

Se la perdita produce una ferita narcisistica, cioè viene vissuta come un' offesa all'amor proprio (come spesso accade nei casi di abbandono da parte del partner o nei casi di rifiuto della propria offerta d'amore) l'odio difensivo che si attiva nei confronti dell'oggetto perduto diviene centrale nella mente del soggetto e lo obbliga a rimanerne profondamente legato.

Il soggetto può arrivare ad organizzare tutta la sua vita intorno all'oggetto perduto, nel tentativo di attaccarlo, svalutarlo o spiarlo, per poter conoscere ogni aspetto della vita che conduce al di fuori del suo controllo. Ma tanto più viene a sapere dell'oggetto perduto tanto più aumenta la sua sofferenza e la sua fissazione all'oggetto stesso, in alcuni casi fino da arrivare a profondi vissuti di impotenza che sfociano nella depressione.

Secondo Bleichmar: “non c'è nulla che fissi il soggetto all'oggetto d'amore abbandonante quanto il narcisismo ferito, che obbliga a consumare ogni energia nel tentativo di controllare l'oggetto, o di eliminarlo, mediante l'odio, nella sua qualità di oggetto attraente […] Un esempio paradigmatico è il coniuge che si rifiuta di concedere il divorzio anche dopo anni dalla separazione” (Bleichmar, 1997, p. 334).

Passato della persona.

Il passato della persona che soffre per una perdita attuale può influenzare profondamente il sentimento di impotenza e l'incapacità di slegarsi emotivamente dall'oggetto perduto.

Questa condizione, che nella clinica psicologica viene definita “lutto non elaborato”, presuppone che nel passato del soggetto vi siano state una o più esperienze di perdita, avvenute in genere durante l'infanzia, quando cioè l'immaturità emotiva e la fragilità del Sé non permettono di reagire a questi eventi se non con un pervasivo senso di impotenza.

Sono questi i casi di morte prematura di un genitore, abbandono e separazione precoce, che predispongono il soggetto a vivere la perdita attuale come riattivazione emotiva della perdita passata. Tali esperienze creano difficoltà nel distinguere l'impotenza reale (che il soggetto fu costretto a vivere quando perse oggetti effettivamente insostituibili) e l'impotenza attuale, condizione superabile in cui è possibile il legame con nuovi oggetti sostitutivi messi a disposizione dalla realtà.

Come ha fatto notare Bibring (1953) a suo tempo, la perdita attuale non riattiva una sorta di equiparazione fra oggetto attuale e oggetto passato (ad esempio fra ex moglie e madre defunta) ma un' equiparazione fra il vissuto emotivo attuale e quello passato, come se la persona si percepisse con le stesse insufficienti risorse psicologiche con le quali affrontò la situazione nell'infanzia.

Simbiosi con l'oggetto.

Un altra condizione che si oppone all'elaborazione della perdita riguarda le funzioni psicologiche che l'oggetto perduto garantiva al soggetto. Se l'oggetto in questione aveva la funzione di completare la personalità del soggetto, se cioè garantiva il mantenimento del suo equilibrio psichico (fornendogli ad esempio vitalità, senso di sicurezza, autostima, protezione ecc...) colmando quindi determinate carenze psicologiche, allora possiamo parlare di relazione simbiotica con l'oggetto che sfocia, nel caso della sua rottura, nella disperata ricerca di riparazione e di recupero nostalgico dell'oggetto perduto.

La sofferenza che deriva dalla perdita di un oggetto simbiotico produce nel soggetto una profonda sensazione di vuoto, come se la mancanza riguardasse una parte del proprio Sé, mettendo in crisi l'identità della persona.

In questo tipo di perdita, la sensazione di fusione con l'oggetto che precedeva la separazione viene sostituita da angosce di frammentazione, capaci di mettere in discussione il senso di coerenza della stessa attività mentale, fino ad arrivare alla mancanza di consapevolezza e organizzazione rispetto alle proprie azioni e ai propri sentimenti.

Idealizzazione dell'oggetto.

Una delle cause più comuni di fissazione all'oggetto perduto viene individuata nella sua tenace idealizzazione, condizione questa che il soggetto può produrre sia conseguentemente alla perdita sia precederla.

Nonostante l'idealizzazione sia una delle caratteristiche psicologiche di base per poter sviluppare un sano attaccamento (come ho spiegato in La Capacità di Amare) la sopravvalutazione irrealistica dell'oggetto perduto limita fortemente la possibilità di instaurare un nuovo legame, soprattutto se associata a reali deficit del soggetto che hanno bisogno di essere compensati.

Inoltre, come fa notare Bleichmar: “l'idealizzazione svolge un ruolo importante dal momento che quando non si spera di poter trovare qualcosa neppure ci si mette a cercarla, oppure, qualora la si trovi, non la si riconosce” (Bleichamr, 1997, p. 340).

In conclusione, vorrei sottolineare come l'elaborazione del lutto non implichi solo un riesame della relazione con l'oggetto perduto o l'analisi dei sentimenti che si erano nutriti nei suoi confronti.

L'elaborazione della perdita, così come si sviluppa nel contesto di una psicoterapia psicoanalitica, permette di capire come la scomparsa dell'oggetto modifichi profondamente il soggetto stesso, cambiando la sua personalità, le sue difese e le sue risorse.

Dobbiamo considerare l'elaborazione del lutto come un processo che non si estingue ma che si evolve, portando la persona a sviluppare nuove modalità di relazione con il suo mondo interno e il mondo esterno, a stimolare la capacità di apprendere dall'esperienza e ad arricchire i legami affettivi.

A tale proposito, Kernberg spiega che l'elaborazione del lutto è: “un processo permanente, non transitorio, che conduce a un cambiamento psichico strutturale che si manifesta in tipiche esperienze consce e comportamenti […] un processo psicologico continuativo che promuove la crescita emotiva e arricchisce la capacità di investire in nuove relazioni” (Kernberg, 2012. p.195).

Bibliografia

Bibring, E. (1953). Il meccanismo della depressione, in: Il significato della depressione, pp. 123-41, a cura di Gaylin, W. Astrolabio, Roma (1995).

Freud, S. (1917). Lutto e melanconia. In Opere, vol. 8, pp.102-18. Bollati Boringhieri, Torino (1974).

Bleichmar, H. (1997). Psicoterapia Psicoanalitica. Astrolabio, Roma (2008).

Kernberg, O.F. (2012). Amore e Aggressività. Giovanni Fioriti Editore, Roma (2013).

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